
Crudelia è consapevole di essere sia bianca che nera
June 3, 2021 0 By Gabriele BarducciSI è persa l’ennesima occasione di creare un buon film live action tratto da un Classico Disney o diretto spin-off. Paradossalmente – l’attenzione al dettaglio è di casa qui – Crudelia è senza ombra di dubbio uno dei migliori live action derivato da un Classico Disney, ma si sceglie la strada irta di pericoli, dove l’immagine e la musica vengono sparati direttamente in faccio allo spettatore, disorientandolo o almeno nascondendo la nuda verità, ovvero che se non ci fosse stato il Joker di Todd Phillips, questo film non sarebbe esistito e neanche la Emma Stone di La La Land lo avrebbe salvato.
Londra, anni ’70, una ragazza esuberante nata con un talento, quello per la stravaganza e la moda e dei capelli strani, da un lato neri, l’altro bianchi. Fin troppo riconoscibile, dunque è necessario tingerli, perché nei ruggenti anni ’70 – sono tutti anni ruggenti, non una decade in particolare – bisogna dare il meglio di se. Estella (Emma Stone) nasconde nella sua psiche deviata quasi una seconda personalità, un demone che deciderà di liberare che si farà chiamare Cruella (Crudelia, appunto, da noi) e nelle notti riverse tra i cassonetti, il lavoro che manca e la ricerca di un proprio posto nel mondo, quanto la ricerca dei genitori biologici e smascherare la sua vita fatta di soprusi e violenza, ecco l’unica verità che interessa allo spettatore: Crudelia non è altro che un timido tentativo di creare il Joker della Disney.
Fosse stato apertamente più cattivo, vietato ai minori e realizzata questa leggenda metropolitana che la vedeva come killer di cuccioli dalmata per costruirsi fascinose pellicce, sarebbe stato un gran bel film anche di genere, ma si è scelta la strada della “reimmaginazione” del Classico Disney come dei classici Villain. Questa cosa è già capitata con il primo Maleficent, dove a un concept abbastanza interessante (una grande parabola sul divorzio e l’affidamento dei bambini), si è deciso verso metà film di mandare tutto all’aria per gloria della sempre bella Angelina Jolie e una computer grafica onnipresente. Non citiamo il secondo capitolo che soltanto nell’incipit narrativo non ha alcun tipo di forza o contestualizzazione.

Nella rilettura classica Disney, i cattivi non sono mai davvero cattivi, bensì acquisiscono una parabola, uno scudo di giustificazione alle azioni malvagie. Loro non sono cattivi, ma solo un prodotto, una risposta, in questo caso, a una società che li ha privati di tutto, e ridotti al semplicistico concetto di “a mali estremi, estremi rimedi” decidono di muoversi per la città come una minaccia, diventando un’icona pop, dove tutti cominciano a indossare una parrucca rispecchiando gli stessi capelli di Crudelia, bianchi e neri. La verità, come sempre è lì nel mezzo, in quella sfumatura di grigio dove il film cerca di trovare una sua indipendenza tra questi due colori, rispettivamente una colonna sonora onnipresente e una costruzione dell’immagine che soffoca ogni intento narrativo.
Volete la parte meglio riuscita di Crudelia? Recuperate Joker.
`Cause tramps like us, baby we were born to run"
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