Cannes74: Venus by Water, essere donna in Cina

Cannes74: Venus by Water, essere donna in Cina

July 16, 2021 0 By Gabriele Barducci

Sembra che risulti sempre più o meno facile fare un certo tipo di critica e/o osservazione sociale quando ci si focalizza sullo status di un uomo, o in questa caso di una donna, in un contesto geografico e storico più che ostico.

Siamo in Cina, a metà degli anni ’90. Il potere dell’economia cinese è nel pieno della sua espansione, mangiando fette incredibili e ampliandosi in un mercato davvero mondiale. Però a questo bisogna fare i conti anche con l’inflazione, anch’essa cresciuta in modo spropositato e sta apportando qualche malumore, specialmente per chi lavora in fabbriche e si ritrova nel pieno di un taglio di risorse. E se questo taglio venisse effettuato da una donna?

Sin dalle primissime battute Venus by Water non nasconde il suo messaggio quanto la centralità della donna nel racconto proposto. Quello che vedremo infatti sarà un racconto spezzettato da diversi punti di vista di altrettanti membri della stessa famiglia. Tutto inizia con la piccola Chichi, appena nove anni e deve andare a vivere momentaneamente dalla nonna mentre la madre si appresta a fare un’operazione.

Partendo da lei dunque, il nuovo nucleo famigliare ci porta all’attenzione di tutte le figure femminili presenti a cui assaggeremo una porzione della loro quotidianità. Mettere tutto assieme, ogni sfumatura, ogni critica, riempie la tela del film e la gran varietà di persone, come la scaletta diversa di età, mette in luce tanti e diversi fattori.

Ci sarà la nonna, la più criptica e potremo dire ostile. Per lei il mondo non sembra un buon posto e nel buio della notte sussurrerà alla nipote, quasi appiccicandole una linea guida per il futuro, di non sposarsi mai, di non avere rapporti con gli uomini, di vivere nell’ombra e con meno sforzo possibile.
Poi ci sarà la più giovane e il suo invaghimento per un ragazzo, ma concedersi carnalmente potrebbe essere un disonore per i genitori per poi passare alla zia, donna rampante, esce da un divorzio turbolento, ma è ancora giovane e un vecchio amico gli propone un lavoro negli Stati Uniti. Il valore della lingua inglese si associa ai bei vestiti e alla tranquillità economica dell’uomo, di sicuro fascino e dunque vincente.

Ma se dovessimo davvero focalizzarsi su un determinato personaggio, questo potrebbe essere la zia più grande, quella che si trova in una posizione scomoda all’interno di una grande fabbrica, quasi il braccio destro che capo e dunque in questo periodo storico sta elaborando i tagli. Gli operai, uomini, non possono accettare che sia una donna a licenziarli, per di più chi della sua carriera ha fatto la durezza della parola: lei non ha famiglia, la regia indugia più volte sul fatto che lei è sola, assorbita nel grigio ritmo del lavoro prova a creare anche un piccolo satellite dove poter orbitare e trarne soddisfazione – un giovane della guardia notturna – ma sarà proprio lui a deluderla, aprendo il cancello alle persone licenziate che cominceranno ad arrecare danni alla fabbrica. E’ dunque un po’ questa la fotografia di Venus by Water, diretto da Lin Wang in posizione nel porre all’attenzione dello spettatore quella che potrebbe essere definita la situazione sociale e umana della donna in Cina, utilizzando questo momento storico di grande espansione e di crisi interna per scattare una fotografia vasta di situazioni.

Non c’è comunque un vero e diretto aspetto critico. Non c’è rivalsa sociale o soluzioni narrative classiche da film commerciale per farci compiacere quei personaggi o a sperare in qualcosa per loro. La signora della fabbrica, rinominata Iron Lady, è e sarà sola e come facilmente intuibile la giovane infatuata del ragazzo, passerà la notte con lui, verrà schiaffeggiata dalla madre e rimarrà anche incinta.

Come già sopraccitato, una fotografia di una famiglia, ognuno con le proprie storie e le proprie situazioni. Il silenzio, la delicatezza della fotografia e una regia che regala ampio respiro a ogni azione, confezionano un tipico film da festival, uno di quelli dove è lo spettatore a trovare la virgola di immedesimazione per entrare nelle fila del racconto.

Gabriele Barducci
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