
Il 1921 cinese, tra un blockbuster comunista e Marlene Dietrich
December 28, 2021 0 By Simone TarditiMentre in Italia si scomoda il termine kolossal per Freaks Out, la Cina festeggia il centenario dalla nascita del partito comunista con un’opera mastodontica e dalle pretese, oltre che autocelebrative, esagerate: 1921, un titolo che già nel suo inquadramento cronologico ambisce a scolpire del tempo un monumento al proprio passato per ricordare al popolo chi è, da dove arriva e dove deve procedere. Identità nazionale, in breve. Che poi, nel mezzo, ci si sia macchiati del sangue di quattro o cinque generazioni è un aspetto da lasciare nella penombra del non raccontato.
Quella di 1921 è propaganda o desiderio di tracciare un solco nella storia del paese? Senza tanti depistaggi: entrambe le cose. La Cina di 1921 è in bilico tra roghi di libri, repressione di attività sovversive, nuove concezioni dell’educare per porre le fondamenta su cui la nazione possa costruire il suo futuro. E tra proclami da regime (dei tanti, un “Make China Great Again” che sbalordisce …) e supporto estero per la Rivoluzione. Guardando il film, si è travolti dai controsensi: i cittadini stavano meglio prima o dopo la trasformazione? La pressione occidentale era un Male più o meno grande di quel che poi, autoctonamente, si è sviluppato sul territorio cinese? Di fatto, cosa viene festeggiato: il progresso dell’ultimo secolo o la rottura con quelli precedenti? Non è chiaro. Rimane però la sensazione di uno spettacolo cinematografico fuori dal comune, più vicino a Hollywood che al mercato europeo. Con tanto di inseguimenti d’auto su macchine d’epoca. Un blockbuster comunista nella più intima accezione possibile.
Geograficamente, 1921 biforca la Cina in due macro-aree: da un lato Pechino, che da posto non sicuro diventa polo in cui il potere (e l’ordine) si concentra, dall’altro tutto il resto indefinito, come Shanghai, nel film definita “posto magico”. E, proprio partendo dalla stazione di Pechino, un treno si dirige verso questa città in Shanghai Express di Josef von Sternberg (la pellicola è del 1932, l’ambientazione è di un anno prima, un decennio dopo al 1921 narrato nell’altro film, dando quindi per scontato che si conosca quel che politicamente è successo negli anni Venti), traghettando anime multietniche, vecchie fiamme, spie, amanti, forze di polizia. In un clima di diffidenza alimentato da paranoia e tappe forzate, la protagonista interpretata da Marlene Dietrich deve mostrarsi più sicura di quello che è, salvando la propria (e altrui) pelle e resistendo al desiderio di cadere di nuovo nelle braccia dell’uomo che per coincidenza ritrova a bordo e di cui si scopre ancora innamorata (idem lui, anche se molto più complessato). “Benvenuto in Cina, dove il tempo e la vita non hanno valore”, una battuta di Shanghai Express che racchiude forse lo spirito originale di quel mondo, così incomprensibile per chi prova a osservarlo e a decifrarlo da fuori.
Into this world we're thrown".
-Jim Morrison
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