TSFF33: Nella Polonia sofferente di 1970 e Never Coming Back

TSFF33: Nella Polonia sofferente di 1970 e Never Coming Back

January 31, 2022 0 By Simone Tarditi

L’esperienza del Trieste Film Festival, giunto quest’anno alla trentatreesima edizione, permette allo spettatore di venire a conoscenza di realtà e di addentrarsi con gli occhi in territori dell’Est che altrimenti, con buona probabilità, ignorerebbe. Miopia culturale e pregiudizi non possono quindi essere tra i presupposti di chi intende approcciarsi a questo appuntamento cinematografico. È una premessa obbligatoria nel caso di due documentari molto diversi che narrano però entrambi di una Polonia dove per le speranze (di massa e individuali) vale la pena vivere, anche se questo significa rischiare tutto.

Never Coming Back di Mikołaj Lizut si muove nei dintorni di un riformatorio femminile. Qui assistiamo a una confessione continua tra ragazze, le quali a vicenda costruiscono una narrazione delle proprie vite, passate e future, tra sogni e traumi che si pensa di lenire parlandone. Varie le loro provenienze: chi da dissidi con le madri, chi reduce da violenza domestica, chi da abbandoni, chi da tentati suicidi. Tutte desiderano un’alternativa che, per eventi della vita, sembra essere negata a prescindere. Se per alcune sembra essere così, altre invece continuano a perdurare nell’errore anche una volta uscite da quel “buco di merda”, come nei primi minuti viene descritto quel luogo. Tutte le storie hanno il comune denominatore della mancanza di soldi, data spesso come causa dei problemi o soluzione, a seconda dei casi. Tra attesa e desiderio di fuga, Never Coming Back mostra scorci di fragilità nella psiche e nei corpi di queste giovani donne, consapevoli – almeno nel contesto del riformatorio, vissuto come una prigione – di essere semplici figure di passaggio. Rattrista, commuove e fa un po’ arrabbiare la parentesi su una di loro che diventa madre e s’illude che tutto poi verrà da sé, ma la disperazione (non legata alla neo-natalità, ma al non avere mezzi economici e all’essersi messa con un fallito bevitore) è dietro l’angolo. Conclusione: il bambino le viene tolto dai servizi sociali e finisce in ospedale in attesa di adozione perché non gli è stato garantito un giusto tenore di vita. Il guaio è che le colpe non si sa di chi siano. Dei genitori? Dello Stato che non ha dato aiuti prima? Del processo rieducativo? Del ruolo pericoloso delle speranze senza punti d’appoggio?

Rimaniamo in Polonia, ma un buon cinquant’anni prima e con altri problemi. Queste le premesse di 1970, regia di Tomasz Wolski: venticinque anni di partito comunista al potere, un flop su tutta la linea. Nell’anno che dà titolo al doc i prezzi dei prodotti sono alle stelle, la popolazione allo stremo. Scioperi, fame, incertezze, scontri a fuoco tra i manifestanti e le forze dell’ordine. Una nazione al collasso. Ore difficili, fatte di misure estreme messe in atto e di mostruosità solo paventate. Otto giornate e quarantuno morti solo tra i civili, più una decina tra polizia ed esercito. Tra i progetti più interessanti presentati al TSFF33, 1970 si farà ricordare per il suo connubio perfetto nell’utilizzo di filmati girati durante le agitazioni e gli audio originali di telefonate avvenute tra i membri del potere, i quali opportunamente sono stati fatti ri-vivere sullo schermo tramite pupazzi mossi in stop-motion, metafora o meno del loro essere manovrati come fantocci da chi sta ancora più in alto di loro. Da non perdere.

Simone Tarditi