The Magnificent Ambersons: fantasma il film, fantasmi i protagonisti

The Magnificent Ambersons: fantasma il film, fantasmi i protagonisti

May 24, 2022 0 By Simone Tarditi

Lunga storia quella che narra le sfortune del secondo/terzo lungometraggio di Orson Welles, specchio della relazione tormentata – che qui inizia e che sarebbe andata avanti per quarant’anni – del suo autore con l’industria cinematografica. The Magnificent Ambersons è sempre stato per il pubblico un film insoddisfacente nella misura in cui esso rappresenta l’incompleta copia carbone di un’originale irrecuperabile. Nonostante gli sforzi che a distanza di decenni si continuano a compiere, è altamente probabile che le parti mutilate della pellicola di Welles non verranno mai trovate in stato primigenio. Di mezzo ci sono gli anni che passano ed è qualcosa che non gioca a favore della preservazione di un supporto fragile come la celluloide, posto che dovrebbe essere di per sé sufficiente credere alle molte voci che dichiarano perduto già nel 1942 il film originale per come era stato girato, ossia prima di venire (ri)assemblato dalla casa di produzione. Niente di nuovo il destino di The Magnificent Ambersons, nulla di diverso rispetto a quanto accaduto anche ad altri titoli. Se non fosse in virtù dell’importanza del suo regista, se ne sarebbe parlato molto meno.

Confrontandosi con quel che rimane del film, si ha la sensazione di un’opera sfuggente più che misteriosa. È inoltre una grande riflessione sulla morte e sul riconoscere la fine di un’epoca ancor prima che essa sia tramontata del tutto. D’altronde, il passato è ritratto in questo film come un tempo morto, incapace di fornire rifugio o possibilità alternative all’esistenza. L’unico tempo che conta non è neanche il presente, ma quello che informe ancora deve arrivare, ma che bisogna essere pronti a cavalcare. Non tutti i personaggi sono interessati a farlo, preferendo invece fermarsi sulle soglie del progresso e fare qualche passo all’indietro. The Magnificent Ambersons illustra questo conflitto tra visioni della vita contrapposte attraverso la metafora del carro trainato dalla forza animale in antitesi ai primi modelli d’automobile che, seppur primitivi e poco performanti, sono il futuro alle porte: il mondo che sarà. L’adattamento nei confronti di una realtà in trasformazione relega alcuni dei protagonisti a un destino di sbiadimento e assicura agli altri un posto in prima fila nella nascente società tra i due secoli. A Welles tutto ciò interessa fino a un certo punto perché i suoi protagonisti hanno tutti l’aspetto di fantasmi, sono individui intrappolati in usi e costumi che non li identificano, sono esseri umani sconfitti sia in rapporto al fato sia al libero arbitrio. Ed è per questo che il pubblico può conoscere questi personaggi sempre solo superficialmente, mai per chi sono davvero. Essi vengono presentati, introdotti, descritti, eppure non li si interiorizza, non ci si affeziona. Ogni loro parola pronunciata, ogni gesto, ogni sguardo mostrato sono nel segno di una solennità che mira all’ineluttabile. Senza salvezza possibile, senza approdo se non la morte. In quest’ottica, il POV del feretro intorno al ventinovesimo minuto racchiude The Magnificent Ambersons nel suo significato più intimo: dentro un contenitore funebre pieno di irrisolte domande che, in ottant’anni, generazioni di cinefili non hanno smesso di porsi, fil(m)ologia o meno.

Simone Tarditi