La gatta sul tetto che scotta, tra solitudine e menzogne

La gatta sul tetto che scotta, tra solitudine e menzogne

July 15, 2022 0 By Mariangela Martelli

La gatta sul tetto che scotta (Cat on a Hot Tin Roof, 1958) è un film di Richard Brooks, tratto dall’omonima pièce di Tennessee Williams del 1954. La pellicola è entrata nella storia del cinema, al pari delle altre trasposizioni delle opere del drammaturgo come: Un tram che si chiama desiderio (A Streetcar Named Desire, Elia Kazan, 1951), La rosa tatuata (The Rose Tattoo, Daniel Mann, 1955) e Improvvisamente l’estate scorsa (Suddenly, Last Summer, Joseph L. Mankiewicz, 1959). A decretare il successo cinematografico è stata, ogni volta, la scelta di un cast d’eccezione, costituito da divi della Hollywood classica.

Margaret “Maggie” o “la Gatta” (Elizabeth Taylor) è sposata con Brick Pollitt (Paul Newman) ma il loro matrimonio è in crisi. La coppia non ha (ancora) figli e lui ha iniziato a bere: “colpe” che suocera e cognata gettano addosso alla protagonista. In realtà, i motivi alla base delle difficoltà coniugali sono da ricercarsi nello stallo esistenziale di Brick, ancorato a una situazione di totale inerzia. Lo vediamo, infatti, disteso sul divano, con le stampelle accanto e intento a svuotare uno dei tanti bicchieri che seguiranno nel corso della pellicola. La notte precedente, mostrata nell’incipit, Brick si è recato allo stadio e, sotto incitamento di un’allucinazione uditiva da parte di un pubblico fantasma (risultato delle nebbie alcooliche), ha tentato una corsa a ostacoli, interrotta da una rovinosa caduta che gli ha provocato la rottura della caviglia.

La gatta sul tetto che scotta è un melodramma, una pièce da camera, i cui fili tesi tra i personaggi si ingarbugliano e dipanano negli spazi di una grande villa coloniale del sud degli Stati Uniti, negli anni ‘50. La scena si svolge in Mississippi, durante le celebrazioni per il 65esimo compleanno di Big Daddy (Burl Ives), capostipite dell’impero di cotone che incarna il mito americano del Self-Made Man: etichetta che accomuna coloro che, partiti da umili origini, si sono fatti strada nel mondo contando sulle proprie forze e capacità. I preparativi della festa a sorpresa sono iniziati nel pomeriggio, sotto la “direzione artistica” della cognata Mae (Madeleine Sherwood), moglie del primogenito Pollitt, Cooper (Jack Carson). La donna non esita a scagliare una raffica di battute al vetriolo sulla cognata, tante quante la sua numerosa prole che, per Mae, rappresenta la prosecuzione dinastica da esibire per distinguersi da Maggie. Il disprezzo che scorre tra le due donne è tangibile: quello di Mae, verso chi non ha figli, è ricambiato dalla gatta, verso quei “mostri senza collo”: i cinque nipotini viziati e fastidiosi come zanzare che, non appena invadono la camera matrimoniale, rendono ancor meno sopportabile l’aria viziata dell’interno. L’interesse verso l’eredità di casa Pollitt è l’elemento che accomuna entrambe le donne e al quale tendono per difendere uno status raggiunto, sebbene Maggie dimostri di provare (ricambiata) un affetto sincero verso Big Daddy, a differenza della cognata. Come da titolo dell’opera, la protagonista si autodefinisce una gatta sul tetto che scotta. Maggie è una donna tenace che non ha intenzione di mollare la propria posizione e che, inoltre, sa di contare sul proprio fascino. Purtroppo, nonostante la sensualità di alcune scene (molte delle quali con le gambe in primo piano), la gatta non riesce ad attirare l’attenzione di Brick.

La camera da letto, in cui si trova la giovane coppia Pollitt è una gabbia, come si evince dalle sbarre del letto matrimoniale che delimitano il corpo di Maggie. La protagonista, nei momenti di seduzione, cerca di convincere il marito a indossare qualcosa per unirsi alla festa in giardino, ma anche di fare l’amore con lei, nonostante la repulsione costante dell’uomo. Gli sguardi di Maggie e di Brick si incontrano nel riflesso dello specchio, incorniciando l’illusione di un desiderio non condiviso. I continui tentativi di seduzione (fallita) di Maggie fanno emergere lo stato di isolamento in cui entrambi sono prigionieri. “Non viviamo insieme, occupiamo la stessa gabbia”, risponde lei al comportamento di lui. Le sbarre del letto alludono allo stato di reclusione vissuto dalla coppia: lui intrappolato nell’alcool, lei in un amore/desiderio non ricambiato. Maggie alza la voce: è disperata ma determinata a vincere, rimanendo sul tetto (coniugale) il più possibile. La gatta incolpa Brick della propria oppressione, vedendo nella decisione del marito di non fare più l’amore con lei una punizione, una pena da scontare per quanto successo la notte della morte del compagno di squadra, Skipper.

TRA SOLITUDINE E MENZOGNE 

Nessuno dei personaggi ne La gatta sul tetto che scotta si salva dalle menzogne, a partire dal Dottor Baugh (Larry Gates) che, arrivato in aereo con i coniugi Pollitt Senior, occulta le reali condizioni di salute del pater familias, le cui chances di sopravvivenza a un cancro al colon sono pochissime, come rivelato a Brick, durante il controllo alla gamba. Il Dottore menziona anche Skipper, ritenendo la sua scomparsa come l’inizio della depressione del protagonista. I due amici erano totalmente dipendenti l’un l’altro. Le confessioni continuano con Maggie quando rivela a Brick di aver esercitato il proprio fascino sull’amico, per allontanarlo da lui, la sera in cui Skipper ha perso (miseramente) la partita di football, incapace di segnare anche un solo punto senza il compagno. Skipper, in uno stato di totale vulnerabilità e disorientamento aveva telefonato a Brick, dopo la visita della gatta, ma è stato abbandonato a un tragico finale. Nonostante il suicidio di Skipper abbia provocato una trasformazione in entrambi i coniugi, ognuno ha reagito in modo diverso: se lei si è adattata a un nuovo stato delle cose diventando più “dura e crudele”, lui ha preferito chiudersi in uno stato passivo e iniziare a bere. Dopo aver saputo della perdita dell’amico e compagno di squadra Skipper, attribuiamo un diverso significato all’aver toccato il fondo del protagonista e alla sua impossibilità ad andare avanti. Ricordiamo che, nel film, la tematica dell’omosessualità è stata edulcorata dal Codice Hays di quegli anni e che la relazione tra i due uomini, vagamente intuibile attraverso delle allusioni, non è restituita in forma esplicita come nell’opera teatrale.

Brick, nel corso della diegesi, non reagisce ed evita ogni confronto, soprattutto con il padre. Non partecipa ai festeggiamenti e quando apprende le reali condizioni del genitore, il protagonista tenta la fuga, per liberarsi dai bugiardi che lo circondano. La domanda di Maggie e di Big Daddy a Brick, sul perché abbia paura ad affrontare la realtà, traccia una sottile linea che scorre lungo tutto il film e che vede l’essere vivi e la verità in contrapposizione con l’essere morti e la menzogna. Il punto di incontro tra i due poli avviene nel confronto, inevitabile, tra padre e figlio, nella camera da letto. L’anziano, inconsapevole delle reali condizioni di salute, vuole ancora godersi la vita (e le donne) e scaglia la propria rabbia nei confronti del figlio, accusandolo di essere diventato un alcolizzato, a seguito della perdita di Skipper. Brick tenta di colpire il padre con una stampella, cade e rifiuta l’aiuto dell’altro. Alla richiesta di Big Daddy, di sapere il motivo del crollo del giovane, Brick gli rivela la malattia nascosta. Il giovane, accecato dalla rabbia, non affronta il dialogo e decide di scappare dalla casa ma l’auto si impantana sotto il temporale appena scoppiato. Nel frattempo, la consapevolezza del poco tempo rimasto da vivere, causa al padre un malore: lo vediamo rifugiatosi in cantina, in uno stato di abbandono come i tanti oggetti intorno. Il crollo del capofamiglia trascina con sé la fine delle certezze della propria dinastia, ovvero l’illusione che il corso degli eventi rimanga sempre immutabile. Dopo che il Dottore ha rivelato a tutti come stanno le cose, scatta l’ipocrisia generale dei familiari che, invece di far trascorrere serenamente i giorni rimasti all’anziano, preparano le carte da fargli firmare. Nel frattempo Brick ritorna e, sconvolto dal comportamento degli altri in salotto, decide di raggiungere il padre nei sotterranei della dimora. La vicinanza padre-figlio viene suggellata da una bevuta insieme e dalla riflessione esistenziale di Big Daddy. Una chiave di svolta nel rapporto tra i due avviene quando l’anziano ricorda la povertà dell’infanzia e il proprio padre, il quale gli ha lasciato solamente un vecchio baule. Allo stesso modo, Brick non vuole ereditare gli oggetti del patrimonio paterno, ma la memoria del tempo trascorso insieme. Il protagonista, dopo aver scagliato la propria frustrazione sulle cose che lo circondano (tra cui una gigantografia di lui giocatore), crolla e piange, per poi accettare, infine, l’aiuto paterno. I due sono pronti a rialzarsi insieme e ad affrontare l’ultima scena in salotto. Big Daddy, dopo aver zittito la cognata isterica, decide di condividere i momenti rimasti con i propri cari. La gatta annuncia, allora, il suo regalo: la (falsa) notizia di aspettare un bambino, prima che Brick la chiami dalla camera da letto, dove è tornato e lei lo raggiunge, per rompere la spirale delle menzogne, una volta per tutte.

Mariangela Martelli