
Avatar: La Via dell’Acqua è il parco giochi di James Cameron
December 14, 2022 0 By Gabriele BarducciPiù di quindici anni per tornare su Pandora. Perché tutto questo tempo? Cameron dice che la tecnologia non poteva restituire la gargantuesca idea che aveva in testa, dunque meglio mettersi a capo chino sulle sceneggiature di ben quattro sequel, così da poter poi arrivare quindici anni dopo e realizzare l’impossibile.
Avatar: La Via dell’Acqua è l’impossibile che si è spinto oltre fino a diventare un sogno, che sorretto dai giusti anni di sviluppo, è divenuto finalmente realtà. Il rapporto del pubblico con il primo film è stato abbastanza bislacco, con quello che è divenuto nel tempo uno dei maggiori incassi della storia del Cinema, salutato come film di totale rivoluzione tecnica, ma assai povero in sede di sceneggiatura.
Avatar: La Via dell’Acqua ne riprende esattamente gli stessi stilemi, pregi e difetti: la reale consapevolezza di sacrificare la narrativa a favore dell’immagine, perché appare chiaro che nei piani di Cameron c’è la voglia di comunicare con le immagini, far arrivare emozioni che la semplice parola non potrebbe mai far scaturire. Una situazione scottante, quasi provocatoria, ma che sia piaciuto o meno, tutti volevamo sapere di più su Pandora, i Na’vi e lo scontro con gli esseri umani per il controllo del pianeta.
Se il primo Avatar era una storia di un uomo che diventa Na’vi rinascendo sotto il segno della Grande Madre, questo sequel è la storia di una famiglia, della famiglia di Jake Sully, degli umani che tornano a pretendere un controllo che non hanno mai avuto sul pianeta (millantando crisi energetiche e climatiche sulla Terra) e della scoperta di una nuova tribù che vive in simbiosi con l’acqua.
Rinascere nell’acqua non sarà facile: nuove bestie da addomesticare, nuove antiche origini di simili tribù Na’vi e un nemico comune (tutto sarà spiegato, al limite delle forzature, del perché anche chi era deceduto nel precedente capitolo ora torna nelle sembianze di Avatar) pronto a rompere l’unione di questa famiglia.
Stesso pianeta, stessi problemi come gli stessi pregi. C’è davvero poco di cui parlare per quanto riguarda Avatar: La Via dell’Acqua giacché lo spettacolo è un biglietto che abbiamo già pagato anni prima e per cui sappiamo cosa aspettarci, dunque anche qui siamo di fronte ad un lavoro estetico impressionante, da far venire i brividi per ogni minuto passato seduti sulla poltroncina del Cinema, a cui però ogni tanto non possiamo non far notare che qualcosa non è proprio chiara o ben sorretta da una sceneggiatura che in alcune parti si rivela drasticamente puntellata, troppo debole a sorreggere quella che a conti fatti è una storia dal world building rinnovato ed estremamente impressionante.
Questo nuovo Avatar segna quasi una ripartenza: puntella tante, troppe cose e non ne approfondisce nessuna, perché in pieno linguaggio Marvel, la risposta arriverà nei diretti sequel. Stuzzicante ma anche frustrante per quella che sembra essere un’esplorazione assai più intima di un progetto sulla carta terribilmente ambizioso, ma viene anche da chiedersi perché Cameron voglia dedicare anima, corpo e anni per un’avventura di questo calibro.
Ciò non toglie che Avatar: La Via dell’Acqua ha reso nuovamente il Cinema luogo di un evento cinematografico che non si respirava da tanti, troppi anni. Forse il primo vero evento cinematografico post pandemico a cui si ricorda solo il “recente” Avengers: Endgame.
Se avete amato il primo Avatar, amerete anche questo, stessa cosa se le avventure di alieni blu su pianeti lontani vi ha portato al tedio, questo sarà un tedio di ben 192 minuti. A voi la scelta, come sempre, ma il consiglio rimane lo stesso, ovvero vivere di questa esperienza al Cinema. In altri luoghi, non vale.
`Cause tramps like us, baby we were born to run"
- Bruce Springsteen
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