Bussano alla Porta, tutta una questione di fede per Shyamalan

Bussano alla Porta, tutta una questione di fede per Shyamalan

February 1, 2023 0 By Gabriele Barducci

Negli ultimi anni, Shyamalan non si ferma più. Dopo alcune triste parentesi produttive che lo hanno tenuto (giustamente o ingiustamente, a voi l’ardua sentenza) lontano dal grande palcoscenico, dal 2015 qualcosa ha cominciato a girare per il verso giusto.

The Visit, Split, Glass, Old e ora Bussano alla Porta. Una mantenuta costanza tra annuncio, produzione e uscita al Cinema che qualunque altro regista sarebbe altamente impossibile. In meno di dieci anni, cinque film, tra alcuni meno riusciti ad altri che eclatanti, il tocco del regista indiano si è sempre mostrato e fatto riconoscere, giacché di qualunque natura sia l’opera, ogni film di Shyamalan ha sempre qualcosa da raccontare.

Con Bussano alla Porta torniamo sempre dalle parti della necessità di raccontare una storia nelle sfaccettature più care al regista. In questo caso parliamo di un home invasione con una dimensione apocalittica: una coppia omosessuale con una bambina e quattro persone che chiedono a questi di fare una scelta, sacrificare uno di loro volontariamente per evitare la fine del mondo.

L’uomo di scienza, quello pragmatico, non accetta questa condizione barbarica, frutto di follia, di scellerate conseguenze tipiche da setta, mentre l’uomo di fede si chiede se mai questa possa essere anche lontanamente la verità.

Per ovvie ragioni il contenuto del film si avviluppa sulle continue scoperte, verità e twist di cui il film si compone, impossibile dunque scendere nei dettagli, ma nella forma ritroviamo anche una volta un regista consapevole del proprio mestiere come delle proprie capacità. Mai come in questo periodo cineasti come Shyamalan sono preziosi per il panorama, proprio per la loro capacità di comunicare con le immagini, metterle al servizio totale della narrazione e creare qualcosa che, piaccia o meno, difficilmente viene omesso dalla testa dello spettatore.

Ancora una volta, mai come in questo momento, Shyamalan è un regista che crea tensione, paura, speranza e dubbio con un concept basilare quanto affascinante. Il solito gioco di inganni a sfondo soprannaturale che scava non solo nei protagonisti, ma anche nello spettatore. Un film prezioso che ci dimostra il potere affabulatore del Cinema, capace di narrarci una storia per quasi due ore, trarci in inganno, superare i soliti cliché sociali (la famiglia omosessuale è stata presa di mira perché tale o è semplice o crudele destino?) e ancora una volta la fede, come l’amore, è la costante di una storia struggente quanto miracolosa per gli standard odierni.

Gabriele Barducci
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