L’assurdo trend degli horror con orsi killer

L’assurdo trend degli horror con orsi killer

March 31, 2023 0 By Simone Tarditi

In America è in corso un trend che ha dell’assurdo: pellicole horror che hanno per protagonisti orsi killer. Si sa, gli USA sono spesso e volentieri la patria delle pacchianate, ma è altresì vero che è da lì che partono quasi tutte le mode. Difficile pensare che in Italia s’inizino a girare variazioni su questo tema (anche se sarebbe un bel colpo per le Film Commission, dal Trentino all’Appennino centrale), perciò in questo momento è sufficiente cercare di osservare da vicino quel che arriva da fuori, nello specifico due titoli.

Cocaine Bear (nelle sale italiane a partire dal 27 aprile col titolo Cocainorso) rielabora un autentico caso di cronaca avvenuto nel 1985 in Georgia dove un esemplare di orso nero morì d’overdose dopo aver fatto una scorpacciata di droga caduta in un bosco. L’antefatto del film parte da questa vicenda, infatti ci viene mostrato un trafficante lanciare pacchi di cocaina da un ultraleggero. Solo che poi le cose vanno diversamente: una mamma orso squarcia le confezioni, inizia ad assumere la sostanza e immediatamente ne diventa dipendente, sviluppando anche un’inconsueta aggressività nei confronti degli umani che la porterà a smembrare pressoché chiunque le si pari davanti. La storia si sviluppa poi lungo due altre direttrici: la ricerca di due bambini sperduti nella foresta e il tentativo di recupero della mercanzia da parte di alcuni pusher.

Cocaine Bear è chiaramente una follia, una di quelle che fino a una decina di anni fa si sarebbero viste produrre solo da case di produzione come la Asylum e che invece oggi possono vantare un budget intorno ai 30 milioni di dollari. Il successo al botteghino aprirà la strada ad epigoni oltre che a un telefonato sequel. Cult immediato, Cocaine Bear ha dalla sua l’aver miscelato assieme il genere commedia (per famiglie, per adolescenti, per adulti mai cresciuti) con l’horror anche se, di quest’ultimo, ci sono solo delle venature. Si spreca il citazionismo ai tre capitoli di Jurassic Park (l’orma della bestia nel fango, le gambe tranciate via con un morso, genitori che vanno alla ricerca dei propri cuccioli, …) e in generale si respira un’atmosfera di scarsa originalità e ispirazione. La stessa dinamica con cui si presenta il “mostro” può sembrare funzionare in maniera fallace: nessun mistero, nessuna immaginazione all’opera, l’orso lo si vede da subito col risultato che più che esserne spaventati (sempre che fosse questo l’intento) si finisce per provarne simpatia, quasi tenerezza. Sempre rimanendo a Steven Spielberg, la lezione de Lo squalo avrebbe permesso un uso della suspense, se non più interessante, sicuramente più efficace.

Mettere sulla graticola Cocaine Bear oltre che ingiusto è anche un po’ come sparare sulla Croce Rossa. Anche perché è un mezzo capolavoro rispetto a un titolo come Winnie the Pooh: Blood and Honey, altro caso di film-urside che oltreoceano sta facendo incredibilmente parlare di sé. Scaduti i diritti dell’opera letteraria di A. A. Milne e E. H. Shepard, l’universo del più celebre degli orsetti è stato immediatamente saccheggiato dal regista britannico Rhys Frake-Waterfield nell’ottica di un adattamento cinematografico dalle tinte slasher. La trama, in soldoni: Pimpi e Pooh sono due efferati assassini che passano il tempo a brutalizzare alcune ragazze in vacanza mentre si preparano a compiere la loro vendetta più grande, ossia punire Christopher Robin per averli abbandonati

Il concept di Winnie the Pooh: Blood and Honey non sarebbe neanche male, il problema è la realizzazione. L’incipit, al posto di far addentrare nella rilettura malata di un personaggio come Pooh, è di una noia assoluta. Il resto prosegue su questa scia: non c’è un’idea di cinema valida, non c’è ritmo, non c’è consapevolezza di cosa dovrebbe essere un horror, quali le sue componenti essenziali, quale lo spirito con cui andrebbe girato. Non basta il citazionismo spicciolo che va dal trita-legna di Fargo alla barbarie e ferocia di certi omicidi nello stile dei gialli/thriller italiani (Fulci, Argento, Bava, Martino, …), come non basta basare i meccanismi della narrazione semplicemente sullo sfruttamento del cortocircuito tra un prodotto in origine per bambini e il suo riuso per generare terrore. Il pubblico sembra però avere un’altra considerazione: Winnie the Pooh: Blood and Honey ha già incassato solo nelle sale oltre 4 milioni di dollari a fronte di un budget di centomila.

Simone Tarditi