
Se Renfield è il futuro del cinema siamo messi male
May 23, 2023 0 By Simone TarditiL’incipit di Renfield rielabora attraverso la tecnica del deepfake alcune scene del Dracula di Tod Browning sostituendo ai volti di Bela Lugosi e Dwight Frye rispettivamente quelli di Nicolas Cage e Nicholas Hoult. L’operazione è ben svolta e se uno spettatore occasionale non conoscesse la pellicola del 1931 potrebbe anche non sospettare dell’ingannevole omaggio. Sì, perché il risultato ottenuto è praticamente perfetto sia sul piano degli effetti speciali sia su quello della color grading, perciò a uno primo sguardo sarebbe normalissimo immaginare che sia del materiale girato ex novo. Suona però un campanello d’allarme: assisteremo a una riscrittura della storia del cinema a causa dell’AI. La sempre più perfetta tecnologia permetterà di riconoscere un falso dal vero solo adottando un approccio filologico, magari divertente per gli storici, ma noiosissimo e superfluo per il pubblico medio.
Il processo è ormai sotto gli occhi di tutti. Prima di Renfield, solo per citare un analogo utilizzo del deepfake, con C’era una volta a Hollywood avevamo sorriso nel vedere Leonardo DiCaprio al posto di Steve McQueen in La grande fuga, poi dal 2019 in avanti il massiccio impiego di questa tecnica ha aperto così tante possibilità che a volte diventa persino complicato essere certi che quelli sullo schermo siano corpi originariamente in carne e ossa oppure degli avatar disegnati dalla testa ai piedi con qualche software. Chiudendo qui il discorso, si pensi a come le opere di ringiovanimento digitale siano ormai d’uso comune al di là del budget o della bellezza di un film: Robert De Niro e Joe Pesci in The Irishman (anche se in molti si sono lamentati del risultato finale), Sylvester Stallone in Samaritan, Mark Hamill in The Mandalorian, Harrison Ford nel quinto e imminente capitolo di Indiana Jones. Il futuro sarà sempre più dominato da fenomeni di questo genere. Pare che Bruce Willis, già in fase di demenza, abbia ceduto i diritti della sua immagine e della sua voce a una società ufficialmente autorizzata a portare avanti progetti di deepfake a lui correlati. Non sarà il solo.
Di Renfield, spiace dirlo, l’elemento più orrorifico non è quello di cui sopra né lo sono i fiumi di sangue o gli spappolamenti di crani che per un’ora e mezza si protraggono pressoché ininterrottamente. Che noia. Anche perché, rimanendo in territorio vampiresco, tanto più l’azione è ricca di ferro, quanto più anemica è la trama. Metafora del non sapere come uscire da una relazione tossica (qui, l’agente immobiliare diventato un insofferente factotum del conte Dracula), Renfield racconta di come sia necessario prendere coscienza della propria situazione di svantaggio prima di riconvertirsi a nuovo uso, cambiare e infine stare meglio. Più che un film è una specie di podcast sulla self confidence. Nell’insieme è una pacchianata super-colorata che punta a far ridere senza riuscirci e che segue alla lettera le regole del politicamente corretto hollywoodiano. A un certo punto, assettato e un poco affamato, il re dei vampiri (un Cage in forma smagliante, questo va sottolineato) ordina che gli sia recapitato un bus di cheerleader, ma è costretto a specificare che non gli interessa siano di sesso femminile. Un dettaglio che anni fa sarebbe stato assurdo dover specificare e che oggi va detto a chiare lettere per evitare che qualcuno/a si possa offendere. Insomma, se anche Dracula è costretto a mettere le mani avanti vuol dire che stiamo vivendo in un’epoca terribile sul serio. Come abbiamo fatto nell’arco di soli cento anni a passare da Murnau a questa roba?
Into this world we're thrown".
-Jim Morrison
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