
Gli implacabili: ritratto di Ben Allison, uomo riformato
July 21, 2023 0 By Simone TarditiGli implacabili (The Tall Men, 1955, regia di Raoul Walsh) è forse l’ultimo grande film di Clark Gable, con l’unica eccezione di Gli spostati (1961) che della sua carriera è anche la (postuma) pietra tombale. L’incipit è dei più memorabili per il genere western: nel nevoso Montana del 1866 i due fratelli Ben e Clint Allison (Gable e Cameron Mitchell) s’imbattono in un uomo impiccato a un albero. Il cadavere dondola nel vento e Ben se ne esce con un «Sembra che ci stiamo avvicinando alla civiltà».
La consapevolezza del protagonista nei confronti della brutalità del genere umano passa in prima battuta da lui medesimo. Poco dopo scopriamo infatti che Ben Allison altri non è che un ex colonnello dell’esercito dei Confederati che durante la guerra civile è passato attraverso al peggio che si possa immaginare. Ha vissuto sulla sua pelle – e il volto un po’ incartapecorito di Gable rende benissimo l’idea di un uomo consumato dalle fatiche – gli orrori del conflitto bellico e ha saputo sopravvivere adattando la sua esperienza in ogni situazione. A differenza del fratello più giovane e più irruento, Ben ha imparato a trattare col prossimo e a estrarre la pistola solo quando messo alle strette. Si prenda a esempio la scena in cui vende a uno stalliere che simpatizza per gli yankee i cimeli di un soldato (probabilmente da lui ucciso): dall’essere inizialmente rifiutato perché non ha denaro, il protagonista ribalta a suo vantaggio la situazione barattando quello che ha e finendo addirittura per ricavare un utile. La guerra è finita e, a differenza di Clint, Ben sa che nella nuova e unificata America non ci può essere più spazio per scontri ideologici o antichi dissapori, per questo motivo non si fa problemi a compiere una transazione con quello che un tempo sarebbe stato un nemico. La pace fa bene agli affari, dice un detto. Preme notare quindi che il Gable di Gli implacabili non è così dissimile da quello di Via col vento dal momento che anche Rhett Butler, il personaggio da lui interpretato una quindicina di anni prima, è disposto ad adattarsi a qualsiasi contesto e scenario politico come il più scaltro dei businessmen.
Gli implacabili propone una suggestiva riflessione sul tempo poiché per Ben è tutto sommato indifferente al fatto che l’epoca sia cambiata. L’ansia per il futuro ce l’ha nei confronti di se stesso poiché vorrebbe dismettere gli abiti da veterano che vive ancora d’avventure, per stanziarsi definitivamente in un posto. Desidera una stanzialità, non una continua migrazione attraverso gli Stati Uniti. E a richiederglielo è l’età che ha, di cui ha sempre più consapevolezza. A Nella Turner (Jane Russell) dice chiaramente che tutto quello che adesso vorrebbe è un angolino dove poter stare tranquillo con al fianco la donna giusta per lui. C’è però l’urgenza di portare a termine un’ultima missione – che nel segno della tradizione western non può che essere una transumanza di migliaia di capi di bestiame – e Ben intende farlo anche a costo di rischiare la morte, fosse l’ultima cosa che fa. Tutto Gli implacabili mira a raccontare questo, dall’inizio alla fine: l’atto di intraprendere un lungo viaggio verso casa che significa perciò la chiusura di un ciclo e l’inizio di uno nuovo.
Into this world we're thrown".
-Jim Morrison
- Le palle d’acciaio di The Caine Mutiny Court-Martial - September 11, 2023
- Appunti sparsi su Crimini e misfatti - September 8, 2023
- Quell’unica volta in cui Douglas Sirk si diede al genere western - August 29, 2023
About The Author
"Into this house we're born. Into this world we're thrown". -Jim Morrison